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"I bambini della Palestina"


Recensione a cura di Beniamino Malavasi.


È sempre un piacere leggere Mahmoud Suboh.

Perché?

Semplice: perché fa sognare a occhi aperti. E quando si sogna a occhi aperti:

Sogni e gioia diventano reali, e si alleggerisce il dolore.”

Soprattutto perché ci spiega cosa sia l’Anima:

L’Anima è la vita, lo spirito che ci guida a differenziare il bene dal male, è la fantasia che ci fa sognare e ci fa sopportare il dolore.”

E:

Tracciare i lineamenti dell’anima, come i tratti di un dipinto, serve per trovare la strada di casa e inaugurare un viaggio dentro noi stessi e, soprattutto, in Palestina, mossi dalla volontà più tenace, ancora oggi, di costruire un ponte verso il Mondo.”

(Così Omar Suboh nel saggio introduttivo al libro in esame: “Un aquilone per sognare. Breve storia della Palestina.”)


Dolore…Palestina… Mahmoud Suboh si (e ci) interroga sulla sua Terra e lo fa tramite la voce innocente per antonomasia, quella di un bambino:

No nonna, non siamo pazzi, siamo stanchi di tanto odio, di vedere i nostri genitori fare del male nel nome di Dio, e quale Dio? Ci insegnate l’amore, a essere educati e subito dopo ci chiedete di odiare e di uccidere. Sempre in nome di Dio!”


C’è soluzione a questo corto-circuito? Sì, e a indicarcela è proprio l’Autore: