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Fabio Salvatore Pascale: un’intervista su...Carezze




Se mi chiedessero di riassumere in una unica emozione questa nuova opera di Fabio Salvatore Pascale, senza alcun dubbio, risponderei con la parola “delicatezza”. Una semplice ma antica attitudine che facciamo difficoltà a ritrovare nella vita di tutti i giorni ma che affiora leggera e spontanea nelle liriche di queste pagine.

Sono stata rapita da colori, suoni, odori e sensazioni che mi hanno trasportata in squarci di mondi lontani, come cartoline che racchiudono segreti profondi ma che emergono agli occhi di chi sa guardare e sentire con il cuore. Ed è proprio con il cuore in mano che le parole di Fabio si fanno strada, pagina dopo pagina, fiore dopo fiore, dolore dopo dolore con la sensazione di vedere per la prima volta qualcosa che è sempre stato lì davanti ai nostri occhi.

La vita, le speranze, i sogni. E poi le abitudini, il buio, le paure. La natura stessa abbraccia questo nostro molteplice essere che arranca su questa terra riflettendo e facendo da specchio alle nostre fragilità sperando di poterci insegnare il valore più importante di tutti, l’Amore. Ed è proprio l’amore che parla attraverso la voce di Fabio nella bellezza di tutto ciò che ci circonda, nei ricordi di chi amiamo e in quelli di coloro che abbiamo amato e abbiamo perso.

Lo stesso amore che sembra così dissonante rispetto all’indifferenza verso madre terra, verso i nostri simili, verso noi stessi e verso l’essenza creatrice dell’essere uomo. Un’umanità oramai preda degli egoismi e dell’incuria che si vergogna persino di allungare una mano, carezzare un volto o fermarsi a comprendere l’immensità di un mondo senza confini che brama solo di essere amato e co-creato, condiviso e ammirato nella sua bellezza delicata e potente. Uno specchio evocativo di ciò che siamo destinati a essere ma che, stolti, ancora rifiutiamo.

Carezze” è un inno alla bellezza e alla natura che come madre amorevole ci mostra le nostre fragilità e le nostre forze, i nostri egoismi e le nostre barbarie con la remota speranza che forse, un domani, quegli esseri così stolti possano aprire i loro occhi alla verità di quello che sono destinati a essere e per cui sono stati creati.


Ciao Fabio, intanto piacere di conoscerti, anche se solo in modo virtuale tramite queste domande. Ho letto la tua ultima opera, “Carezze” e per prima cosa, vorrei chiederti una curiosità. Se dovessi consigliare un sottofondo musicale da ascoltare durante la lettura delle tue poesie, quale suggeriresti e perché? Ma soprattutto, quando scrivi ti lasci ispirare dalla musica?

Intanto, grazie per aver letto la mia ultima raccolta di poesie, “Carezze”. Sì, talvolta, ascoltando le melodie di Ludovico Einaudi riesco ad immaginare attraverso la sua musicalità tantissimi scenari; pertanto mi piace accompagnare la lettura delle mie poesie con quel genere musicale.



In tutta la prima parte, le tue poesie sono un’ode alla natura e, in modo specifico, ai fiori, ai loro profumi, ai loro colori e alle sensazioni che ti hanno trasmesso e donato. Perché tra tanti fiori hai scelto proprio quelli? Sei legato a loro in modo particolare?

Io amo tutti i fiori, perché in generale rappresentano la vera “bellezza” della natura, una ricerca che l’uomo tenta di ricercare ogni giorno usando spesso anche metodi non “regolari”. Quei fiori che ho menzionato attraverso le liriche, sono fiori che nella quotidianità della vita mi hanno sempre accompagnato.



Leggendoti in queste pagine ho potuto notare che la Natura ha per te un ruolo importante; in un periodo storico come il nostro in cui le abitudini e la vita quotidiana sono incentrate sul tempo che scorre, sul lavoro e sui mille impegni, quanto è stato importante per te fermarti a osservare la rosa, il maggiociondolo, il gelsomino, il tiglio e tutti gli altri loro compagni? Cosa è cambiato in te, se qualcosa è cambiato, nello scrivere questa parte dell’opera?

È vero, oggi siamo presi da mille cose, la globalizzazione ci opprime sempre di più, e l’uomo ha la necessità di rifugiarsi all'interno della Natura. Credo che sia fondamentale soffermarsi, ammirare, sentire il battito della Natura. La rosa, il maggiociondolo, il gelsomino, il tiglio rappresentano un esempio di quotidianità su cui bisogna soffermarsi e che bisogna saper ascoltare. Attualmente il mio spirito non è cambiato, perché da sempre è fedele alla Natura e in essa si rigenera.




Ho notato che alterni poesie con una metrica libera a poesie con le rime. Immaginando che la metrica libera sia più spontanea e più immediata mentre le rime facciano parte di qualcosa di più studiato, quale delle due strutture ti rappresenta maggiormente, e perché?

Io scelgo il verso libero, perché a mio avviso permette meglio lo scorrere armonioso delle parole e si coniuga con la mia vena poetica che, spesso, è spontanea e folgorante. A volte mi piace usare le rime per rimarcare alcuni concetti e renderli più “fruibili”.



Quali sono stati i poeti che hai letto, quali sono diventati i tuoi preferiti e quali sono diventati, a loro insaputa, i tuoi mentori?

Io ho letto soprattutto i grandi e intramontabili classici: Leopardi, Foscolo, Pascoli, Ungaretti, Montale, D’Annunzio. Ma credo che in fondo, colui che veramente continua a sussurrarmi queste liriche sia Giovanni Pascoli, al quale mi sento molto vicino nella concezione di una natura umile e quotidiana.



Sempre parlando di poeti, in queste pagine hai nominato spesso la Luna e la mia mente è volata immediatamente al caro Giacomo Leopardi; la luna come osservatrice delle nostre vite, una luna che spesso percepiamo “sola” lassù nel cielo. Ma non sarà che quelli soli siamo noi e lei riflette solamente un nostro mal sentire quotidiano?

Credo che la Luna sia una “sorella” per me, colei che nella quotidianità della vita mi protegge e mi consiglia. La luna appare sola e lontana, ma in realtà la Poesia la rende a noi molto cara e vicina; pur conservando sempre quel suo mistero, diventa un faro di bellezza e consolazione. Posso dire di amare la Luna proprio grazie a Leopardi, colui che meglio di tutti ha saputo omaggiarla nei suoi tanti versi a lei ispirati.


«L'amor che move il sole e l'altre stelle» (Paradiso, XXXIII). Perché hai scelto Dante come titolo per la terza parte della tua raccolta? Ci sono tantissime frasi famose che hanno per tema l’Amore; perché proprio questa?

Perché l’Amore come inteso da Dante rappresenta un sentimento antico e che pur si rinnova sempre, leggendario primo attore del patrimonio letterario e ancora tutto da scoprire. Quella dantesca è l’espressione che, secondo me, meglio fa intendere come il vero Amore sia la forza motrice dell’Universo.



Scrivere poesie è prendere i sentimenti, le emozioni, le paure, le speranze e farle passare da un piano totalmente etereo ad un piano reale, concreto, tangibile. Il poeta poggia sulla sua mano tutto il suo mondo intimo e lo dona a noi lettori. E in questo dono, spesso, ci sono anche i dolori per le perdite delle persone che abbiamo amato e che non ci sono più. In queste pagine, ci hai donato anche questo? “Occhio che lacrima” potrebbe essere uno di questi doni?

Il dolore da me espresso riguarda qualcosa che mi coinvolge, ma va anche al di là della mia vita personale; è uno sguardo che s’interfaccia con la vita in generale e con il dolore che può colpire chiunque.



Secondo te la Natura può curare l’animo dell’essere umano? Può lenire i mali dell’esistenza? Questa velata malinconia che spesso incontriamo negli occhi di chi ci guarda? Le tue poesie hanno anche questa missione?

La miglior cura per risanare l’animo umano è la Poesia. Spesso l’uomo tende a trovare dei rimedi che consentono solo di curare il proprio corpo tralasciando lo spirito. Io attraverso la poesia cerco soprattutto di trasmettere serenità e coraggio affinché lo spirito del lettore possa essere rinvigorito.



Ti ringrazio per la pazienza e per la tua disponibilità. Ma prima di salutarci, avresti voglia di regalarci in modo estemporaneo una breve poesia dettata dal momento? Tre versi, un haiku all’italiana diciamo, qualcosa che possa fermare questo momento di condivisione di anime poetiche per tutti coloro che amano la poesia e i tuoi scritti. Intanto che tu pensi, ti saluto e ti ringrazio ancora

Sono io che ringrazio te e i lettori. Vi saluto con questi versi che spero possano piacervi:

Giovinezza

Come una rosa s'apre al mattino, una favilla irradia il mio cuore.

Cenni Biografici

Fabio Salvatore Pascale, scrittore salernitano, nasce a Napoli il 28 maggio del 1983. Laurato in Giurispudenza, partecipa a numerosi concorsi letterari tra cui il Premio “Pegaso”. Si classifica primo nel premio “Marco Pozza 2014” e secondo nel premio letterario “Unica Milano 2013. Ottiene un premio speciale della giuria per la sezione Femminicidio nel Concorso Premio Madonna dell’Arco e nel 2016 risulta tra i finalisti del premio Medusa Aurea. Ha inoltre partecipato come relatore per una tavola rotonda organizzata dall’UCAI di Firenze dal titolo “Educare è un’arte”. Nel 2013 esordisce con la sua prima pubblicazione di poesie, “Scintille” seguita successivamente dal secondo volume, “Tracce”. Nell’anno 2015 pubblica con la CSA Editrice un saggio dal titolo “Generazione senza biglietto”. “Carezze” è la sua opera più recente pubblicata a marzo 2019.


Daniela Deflorio



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